mercoledì 15 luglio 2009


Comunicato della Rete Nazionale Disarmiamoli !


Afghanistan, Ucciso un parà della Folgore.Intaccata l'immagine dei mezzi Lince.

Un paracadutista italiano morto, tre soldati feriti nell'esplosione di un ordigno che ha coinvolto il mezzo su cui transitavano a circa 50 chilometri da Farah , Afghanistan. Due dei tre feriti sono gravi, il terzo ha un braccio rotto. Lo ha annunciato con un comunicato il Regional Comand West delle forze della NATO. L'episodio, dice la nota, è avvenuto a circa 50 chilometri a nord est di Farah.
Terminata - insieme al governo Prodi - la disgustosa retorica del peacekeeping, l’esecutivo di centro destra gestisce la partecipazione italiana all’occupazione di quel paese per quello che è: una politica di guerra, aggressiva e determinata a condividere apertamente con gli alleati continue offensive militari contro la complessa rete di resistenza, sbrigativamente classificata come “talebana”.
La prima Legge finanziaria varata dall’esecutivo berlusconiano ha praticamente raddoppiato la spesa per le missioni militari all’estero. Grandi manovre sono in atto per spostare dai vari avamposti tricolori (soprattutto dai Balcani e dal Libano) uomini e mezzi sul fronte afgano, che si rivela ogni giorno di più il tallone d’Achille della NATO.
Liberato il campo dagli oceani di retorica che contraddistinguono la gestione d’ogni operazione di guerra, emergono vieppiù le ragioni di fondo del coinvolgimento italiano in quel conflitto, per la gestione del quale ad ogni paese vanno specifiche ricompense e profitti.
La morte del caporalmaggiore Alessandro Di Lisio ha evidenziato, in questo caso, l’inadeguatezza dei mezzi da trasporto LINCE (Veicolo tattico leggero multiruolo - prodotto Iveco LMV), unici sino ad oggi in grado di garantire un alto livello di incolumità alle truppe italiane. La notizia, oltre ad indicare un salto di qualità nelle capacità militari della locale resistenza, ci rimanda ad una delle fondamentali funzioni di una guerra guerreggiata: la messa in prova in un contesto reale della più moderna e “competitiva” produzione bellica. Le recenti ed incredibili performance dell’industria militare italiana nel mondo, con una crescita 220% nella vendita di armi nel 2008, evidenziano così una delle molle fondamentali che spingono governi d’alterne coalizioni a partecipare alle varie occupazioni neocoloniali. Le commesse miliardarie strappate recentemente da Finmeccanica ed Iveco su mercati delicatissimi – USA, Israele – sono la ricompensa, più che per la qualità dei mezzi, per il servizio reso dalle truppe.
Nell’espletamento di questa “nobile” missione si può perdere la vita. I soldati di professione ne sono coscienti ed evidentemente disposti alla posta in gioco. Le migliaia di civili innocenti, massacrati dai potenti mezzi inviati dai vari Ministri della Difesa sicuramente no. Per loro non ci sono mai funerali di Stato ne parole commosse del Presidente della Repubblica di turno.
Otto anni di bombardamenti, torture, morte e distruzione hanno sortito il solo effetto di rafforzare la resistenza contro gli occupanti. Non sarà oggi più guerra a risolvere il problema.
L’unica soluzione al bagno di sangue in atto in Afghanistan è il ritiro incondizionato di tutte le truppe della NATO. Per quest’obiettivo il movimento contro la guerra si è sempre battuto - contro governi di centro sinistra e di centro destra - e continuerà a battersi nel prossimo futuro.

4 commenti:

  1. Fermo restando l'indiscutibile approvazione all'asupicata cessazione delle attività belliche in Afghanistan, vorrei esprimere il mio parere su 2 punti toccati da questo articolo:

    1) "l’inadeguatezza dei mezzi da trasporto LINCE "
    Un morto non può determinare un giudizio su un veicolo, soprattutto perché non può esistere un veicolo invincibile ed inattaccabile. Altri mezzi di trasporto, progettati specificatamente per proteggere i soldati da attacchi di tipo IEDs, come gli MRAP americani, hanno fallito allo stesso modo, mettendo a nudo proprio le debolezze del modo di affrontare questa guerra (articolo NYtimes)

    2) "" Le commesse miliardarie strappate recentemente da Finmeccanica ed Iveco su mercati delicatissimi – USA, Israele – sono la ricompensa, più che per la qualità dei mezzi, per il servizio reso dalle truppe."
    Oltre che dai servizi resi, è ipotizzabile che la vittoria dell'industria bellica italiana sia riconducibile anche alla voltà, americana soprattutto, di allontanarsi dal modello industriale dei subappalti (inevitabile in un modello capitalistico così spinto), degenerato poi nel passaggio di numerose tecnologie al nemico/amico cinese. Si cerca di riuchedere un cerchio che si era aperto troppo. (numerosi sono gli articoli di denuncia del fatto che l'esercito americano abbia di fatto perso knowhow proprio a vantaggio di ditte subappaltatrici cinesi).

    concludo con una piccola riflessione: L'industria bellica, che porta alla nazione Italia, notevoli profitti è "un'industria come le altre" ed assoggettata anch'essa alle normali regole di mercato. Finché ci sarà richiesta, non ci sarà mai crisi. E' giusto condannarla, quindi?

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  2. Il primo commento su questo blog merita una risposta soprattutto se le vedute sono differenti. Mi scuso per la risposta tardiva, ma ci sono stati degli accadimenti imprevisti che mi hanno impossibilitato a visionare il blog. Per quanto riguarda l'inadeguatezza della "missione italiana di pace" la risposta può essere trovata sul n. 30 dell'Espresso - 30 Luglio - pag. 62 - Generale Fabio Mini. La ricompensa può anche portare benefici al popolo italiano, ma sicuramente non a quello afgano. Tra l'altro la Finmeccanica (al 32% di proprietà del Governo italiano) ha acquistato la DRS (USA)per 5 miliardi di dollari o giù di li. Quindi chi ha pagato in questo caso? A Colleferro la Simmel Difesa costruttrice di munizionamento in Italia anche per il Ministero della Difesa italiano è stata acquisita a Marzo del 2007 dalla Chemring (UK). C'è qualcosa che non torna. L'industria bellica di Colleferro come negli USA ha provocato negli anni inquinamento dei territori causa le protezioni governative. Se la differenza di vedute non ci porta a vederla allo stesso modo sui danni permanenti nei teatri di guerra, mi auguro che sui danni permanenti interni non sia la stessa cosa.

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  3. Ehmm... onestamente mi sembra di aver premesso che anche io mi auspico un cessate il fuoco in Afghanistan, quindi mi sfugge dove c'è la netta differenza di vedute... :)
    Io cercavo solo di ragionare in base a quanto letto nel post, dove ad esempio si pone l'accento sull'inadeguatezza dei mezzi Lince in relazione alla morte del militare italiano.. E sull'inadeguatezza del mezzo ho espresso la mia opinione.

    Continuando nel ragionamento, però, il legame industria bellica -> inquinamento dei territori è tanto forte quanto lo è per altre realtà industriali italiane e mondiali. Mi sembra palese che l'inquinamento del territorio è un argomento che sta nascendo solo nell'ultimo periodo, quindi altre realtà petrol-chimiche, siderurgiche etc hanno contribuito al malessere della nostra terra alla pari del settore bellico. Le stesse industrie che dovevano occuparsi di gestire lo scarico di rifiuti in modo meno invasivo per l'ecosistema hanno finito poi diventare le principali fonti di inquinamento. Ergo, il discorso dovrebbe essere ben più ampio e mi sembra che sia affrontato anche qui, in altri post.

    Il fatto di riconvertire le industrie nostrane, sempre a mio modesto parere, non è la soluzione all'utopistica visione di un mondo senza guerre.
    Finché c'è domanda, ci sarà offerta e questo è il mercato.

    Concludo ribadendo il mio no alla missione di "pace" afghana e il mio si a tutte quelle attività a tutela del nostro territorio. (a scanso di equivoci)

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  4. L'utopia sta diventando vivere di beni comuni che non ci appartengono più. Nel caso specifico del nostro territorio questi beni comuni, aria, acqua e terra, sono stati devastati da uno sviluppo industriale senza regole. La prima interrogazione parlamentare sullo sversamento di materiale chimico nel fiume Sacco da parte della BPD è del 1955. L'industria bellica si avvale esclusivamente di componenti chimiche e un decreto regio del 1941 permette di evadere i controlli. E' possibile stabilire un nuovo programma Konver che ha portato negli anni passati alla riconversione della Valsella (produttrice di mine antiuomo)? Tra l'altro come accennato nel commento precedente le aziende a Colleferro non sono più italiane: Simmel Difesa = 100% UK, Avio SPA 85% = Cinven (fondo internazionale)e 15% Finmeccanica. Quindi non si può nemmeno parlare di protezionismo. E siamo sicuri di proteggere l'occupazione? Autorevoli fonti sindacali su studi internazionali prevedono una riduzione dell'occupazione nel militare e aerospaziale del 30% nei prossimi anni dovuta all'accorpamento delle industrie per una diminuzione delle tipologie dei sistemi d'arma. Cosa ci rimane se domani le industrie di Colleferro dovessero delocalizzare? L'industria bellica è un elemento non poco importante nel "sistema guerra" per i denari che riesce a far circolare, in un mondo di capitale privo di autogestione.Un mondo senza guerre è utopistico finchè esiste l'uomo. Un mondo con meno guerre è possibile finchè esistono persone che ci credono.

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